Attualità
Lettera della mamma di Giogiò Cutolo a Sanremo 2024: ‘Sei Eterno Grazie alla Musica’

Daniela di Maggio, madre del musicista Giovanbattista Cutolo, ha letto una lettera per il suo figlio sul palco di Sanremo. Giovanbattista è stato tragicamente ucciso durante una lite da un 16enne. Daniela ha dichiarato che attraverso l’amore e la musica, la vita di suo figlio prosegue.
L’ospite conduttore di Sanremo, Amadeus, ha raccontato la storia di Giovanbattista Cutolo. Cutolo era un giovane musicista di 24 anni proveniente da Napoli. Il 31 agosto dello scorso anno è stato brutalmente assassinato in piazza Municipio, colpito da tre colpi di pistola sparati da un 16enne. Amadeus ha sottolineato che Giovanbattista aveva sognato di suonare a Sanremo e che senza quella tragica notte, il suo sogno si sarebbe avverato.
Daniela Di Maggio è salita sul palco per raccontare della tragedia di suo figlio. Ha letto una lettera per il suo defunto figlio, mentre sullo sfondo passavano le immagini del ragazzo. Ha condiviso i ricordi di Giovanbattista riguardo a Napoli e Sanremo e ha trasmesso la sua convinzione che il suo amore per la musica lo fa vivere ancora oggi. Ha inoltre ringraziato l’Italia per aver ascoltato il talento del maestro Giovanbattista Cutolo.
Giovanbattista è stato decorato con la medaglia d’oro al valore civile dal Presidente della Repubblica. La madre ha definito la sua apparizione a Sanremo “un tributo ad un musicista nel tempio della musica”. Ha sottolineato l’importanza delle istituzioni e dello Stato nel sostegno alle famiglie colpite da tragedie simili. Ha concluso con un tributo a Napoli e alla sua meravigliosa figlia Lulù.
Nel capoluogo campano, quella sera, Giovanbattista era uscito con degli amici e si era fermato in un pub. Qui, era stato avvicinato da un gruppo di giovani teppisti che lo avevano infastidito per un parcheggio male. Il tutto è trasceso e Giovanbattista è stato brutalmente ucciso da uno del gruppo.
Attualmente, l’assassino di 16 anni è in carcere e il processo inizierà a marzo. Anche due adulti sono indagati in relazione all’omicidio di Giovanbattista, uno dei quali è stato arrestato all’inizio dell’anno in Spagna.
Attualità
Transfobia dopo il Pride: un’aggressione che svela l’altra faccia di Roma
Attualità
La bandiera della Palestina a Ponza: un gesto di solidarietà e la deriva dell’intolleranza

Nella notte tra l’1 e il 2 giugno, intorno alle 2:30, un gruppo di barcaioli dell’isola di Ponza è stato oggetto di minacce per un semplice gesto di solidarietà: aver esposto la bandiera della Palestina sulle loro imbarcazioni come simbolo di sostegno ad una popolazione in una delle più gravi crisi umanitarie del nostro tempo. Dopo aver infastidito il guardiano del porto, gli autori dell’intimidazione hanno strappato e rimosso con la forza la bandiera palestinese.
È un episodio che va oltre il fatto in sé, perchè tocca il nervo scoperto di un’Italia che troppo spesso confonde la solidarietà con la provocazione e che si mostra incapace di accettare gesti di umanità se non allineati con un certo sentire politico.
Esporre la bandiera della Palestina, in questo contesto, non equivale a prendere parte a un conflitto, perchè è un’affermazione di empatia per le vittime civili, per i bambini sotto le bombe, per le famiglie distrutte da decenni di violenza. Non significa negare il dolore degli israeliani, né tantomeno giustificare il terrorismo, ma riconoscere la sofferenza di un popolo dimenticato e condannato.
Ponza, isola aperta al mondo, costruita nei secoli sull’accoglienza e sul passaggio di genti diverse, non merita che certi gesti vengano accolti con violenza. Il gesto di quei barcaioli va rispettato, anche da chi non lo condivide, perché la democrazia è proprio questo: il diritto di manifestare un pensiero pacifico, anche scomodo, senza temere ritorsioni.
Chi ha strappato quella bandiera ha voluto togliere voce a una parte della coscienza collettiva, ma non potrà strappare il senso più profondo della solidarietà umana.
In un tempo in cui il silenzio complice è la norma, chi ha il coraggio di esporsi, anche solo con un simbolo, merita rispetto, non intimidazioni.
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