Cronaca
Omicidio Luca Sacchi, partito il processo d’Appello. Il padre: “E’ un’agonia”
Omicidio Luca Sacchi, attesa della famiglia per le decisioni sulla sorte dei quattro imputati

Omicidio Luca Sacchi, inizia l’Appello a Roma. Il giovane fu ucciso con un colpo di pistola alla testa nella notte tra il 23 e 24 ottobre 2019 davanti a un pub nella zona di Colli Albani. Lo scorso 29 marzo le prime condanne per gli imputati. Valerio Del Grosso, autore materiale dell’omicidio, a 27 anni. 25 invece per il complice Paolo Pirino e per Marcello De Propris, che consegnò l’arma del delitto. Anastasiya Kylemnyk, fidanzata di Luca, dovrà scontare 3 anni per violazione della legge sugli stupefacenti. Assolto Armando De Propris. Mentre l’amico di Luca, Giovanni Princi, ha concordato in appello una pena di tre anni.
“Potete immaginare quello che proviamo. Abbiamo perso la cosa più grande ed è un dolore che ti porti a vita” ha detto Alfonso Sacchi, padre di Luca, al termine dell’udienza. “La perdita di un figlio non dovrebbe mai accadere – ha aggiunto – Cerchiamo di andare avanti e passare le giornate senza pensare. Speriamo che l’appello confermi la sentenza di primo grado. Venire qui e rivedere quelle facce è ogni volta un’agonia. Il fratello di Luca neanche lo portiamo più perché ogni volta che veniva stava male”.
“La vicenda è abbastanza chiara” hanno detto i legali dei Sacchi, Paolo Salice e Armida Decina. “Siamo fiduciosi che la sentenza di primo grado venga confermata in toto – hanno aggiunto – In primo grado ci sono state molte udienze e sono stati sentiti molti testimoni che hanno portato un contributo notevole e chiarificatore”. La prossima udienza è fissata per il 14 febbraio quando dopo la relazione, prenderà la parola il sostituto procuratore generale Francesco Mollace per formulare le sue richieste.
Ultime Notizie Roma
La vicenda che ha sconvolto Anzio: arrestato per violenza sessuale

Latina, 18 luglio 2025 – È stato convalidato il fermo del 32enne arrestato sabato scorso ad Aprilia dalla Squadra Mobile di Roma. L’uomo, di origine straniera, è stato interrogato questa mattina nel carcere di Latina dal giudice per le indagini preliminari, Giuseppe Cario, alla presenza del suo avvocato difensore Leonardo Palombi.
Durante l’interrogatorio, il fermato ha ammesso le proprie responsabilità in relazione ai fatti avvenuti il 12 maggio scorso ad Anzio, ai danni di una giovane donna di 19 anni. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, la vittima sarebbe stata aggredita nei pressi della via Nettunense, dopo essere scesa da un autobus.
Il 32enne, già noto alle forze dell’ordine per altri precedenti, è stato rintracciato nei giorni successivi presso la stazione ferroviaria di Aprilia, dove si trovava in attesa di un treno diretto a Roma. Gli agenti lo hanno fermato e condotto in stato di arresto.
A seguito della confessione, il giudice ha convalidato il fermo e disposto la custodia cautelare in carcere, in attesa dei prossimi sviluppi dell’indagine.
Ultime Notizie Roma
Roma, scandalo in divisa: sospesi quattro agenti, “spariti” 74 chili di droga durante le perquisizioni

Quattro agenti della Polizia di Stato, fino al 2023 in servizio presso il commissariato di San Lorenzo, sono stati sospesi dal servizio dal gip di Roma nell’ambito dell’inchiesta “Don Rodrigo”. Lo scorso 23 giugno, la stessa inchiesta aveva già portato all’arresto di due poliziotti e alla custodia cautelare per altre 16 persone.
I quattro, indagati a piede libero per falso, sono stati interrogati in sede di preventivo come previsto dalla riforma Nordio. Il gip ha disposto sei mesi di sospensione per una poliziotta ora all’Ispettorato Viminale e un anno per gli altri tre, di cui due alla squadra mobile di Napoli e uno che frequenta il corso da vice-ispettore.
Secondo la Direzione Distrettuale Antimafia, durante due perquisizioni a San Lorenzo gli agenti avrebbero omesso di sequestrare complessivamente 74,5 chili di hashish, poi finiti a due pusher amici di colleghi già arrestati.
Nel corso degli interrogatori, le versioni discordanti e contraddittorie dei quattro sono state giudicate inattendibili dal giudice, che ha evidenziato una “volontà precisa di non ricostruire la verità” per evitare responsabilità.
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