Cronaca
Ingegnere romano morto ad Amsterdam, c’è un fermato
Svolta nelle indagini sull’ingegnere romano morto ad amsterdam: preso il presunto assassino

Ingegnere romano morto ad Amsterdam, il caso verso la conclusione. La polizia olandese avrebbe infatti fermato una persona ritenuta autrice dell’omicidio, avvenuto giovedì scorso. Si tratterebbe di un uomo di origini nordafricane, che avrebbe tolto la vita al nostro connazionale a colpi di coltello. A dare conferma della notizia è stato il legale della famiglia dell’ingegnere. Intanto proseguono le indagini per fare luce sui contorni della morte del professionista, impiegato nel settore dei software telefonici. Sviluppi in tal senso sono attesi dall’autopsia, che dovrebbe avere luogo entro mercoledì. Una morte che ha gettato nel più profondo dolore tutta la comunità di Allumiere, il paese alle porte di Civitavecchia di cui l’ingegnere era originario.
INGEGNERE ROMANO MORTO AD AMSTERDAM, LE INDAGINI
Proprio dei genitori è previsto per domani lo sbarco nella capitale dei Paesi Bassi. Qui dovrebbero incontrare gli inquirenti e gli amici del figlio, anch’essi impegnati nella ricerca della verità. A questo proposito, pare che l’ingegnere fosse ritornato ad Amsterdam da qualche giorno, dopo aver trascorso le feste in famiglia. Abitava in un appartamento nei pressi del porto: ed è proprio qui che ne è stato trovato il corpo senza vita. Sul caso indaga la polizia olandese, alla quale dovrebbe unirsi a breve anche la Procura di Roma. Al momento, l’unica certezza è che ci sia trattato di una “morte violenta“. Restano dunque da chiarire le circostanze che l’hanno causata: probabile, a questo proposito, l’ipotesi della rapinata sfociata nel sangue.
Attualità
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Attualità
La bandiera della Palestina a Ponza: un gesto di solidarietà e la deriva dell’intolleranza

Nella notte tra l’1 e il 2 giugno, intorno alle 2:30, un gruppo di barcaioli dell’isola di Ponza è stato oggetto di minacce per un semplice gesto di solidarietà: aver esposto la bandiera della Palestina sulle loro imbarcazioni come simbolo di sostegno ad una popolazione in una delle più gravi crisi umanitarie del nostro tempo. Dopo aver infastidito il guardiano del porto, gli autori dell’intimidazione hanno strappato e rimosso con la forza la bandiera palestinese.
È un episodio che va oltre il fatto in sé, perchè tocca il nervo scoperto di un’Italia che troppo spesso confonde la solidarietà con la provocazione e che si mostra incapace di accettare gesti di umanità se non allineati con un certo sentire politico.
Esporre la bandiera della Palestina, in questo contesto, non equivale a prendere parte a un conflitto, perchè è un’affermazione di empatia per le vittime civili, per i bambini sotto le bombe, per le famiglie distrutte da decenni di violenza. Non significa negare il dolore degli israeliani, né tantomeno giustificare il terrorismo, ma riconoscere la sofferenza di un popolo dimenticato e condannato.
Ponza, isola aperta al mondo, costruita nei secoli sull’accoglienza e sul passaggio di genti diverse, non merita che certi gesti vengano accolti con violenza. Il gesto di quei barcaioli va rispettato, anche da chi non lo condivide, perché la democrazia è proprio questo: il diritto di manifestare un pensiero pacifico, anche scomodo, senza temere ritorsioni.
Chi ha strappato quella bandiera ha voluto togliere voce a una parte della coscienza collettiva, ma non potrà strappare il senso più profondo della solidarietà umana.
In un tempo in cui il silenzio complice è la norma, chi ha il coraggio di esporsi, anche solo con un simbolo, merita rispetto, non intimidazioni.
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